Baruch Spinoza

La Vita


Baruch Spinoza nacque ad Amsterdam nel 1632 da una famiglia ebraica costretta ad emigrare dalla Spagna per via dell’intolleranza religiosa che si respirava in quel paese. Ricevette un’educazione solida all’interno della comunità israelitica di Amsterdam e divenne uno dei maggiori conoscitori dela Torah e del Talmud dei suoi tempi. Nel 1656, tuttavia, venne allontanato dalla comunità e scomunicato con l’accusa di “eresie pratiche ed insegnate”. Spinoza si trasferì, dunque, all’Aia dove lavorò come artigiano di lenti per strumenti ottici, conducendo una esistenza modesta e tranquilla. Finché fu in vita fu poco conosciuto come filosofo e solo alla sua morte, sopraggiunta a 44 anni per via di una tubercolosi, si iniziò a parlare del suo pensiero.   


Il suo pensiero

Sul suo pensiero agirono diverse influenze, che il filosofo rielaborò in maniera originalissima e critica:
-il razionalismo cartesiano che costituisce sicuramente la premessa e il punto di partenza della sua filosofia;
-la rivoluzione scientifica che rappresenta il retroterra culturale entro cui si colloca la sua visione della realtà;
-la cultura cristiana europea con cui si confronta costantemente e che lo porterà a rigettare la tradizionale visione di Dio;
-la civiltà olandese del ‘600 che era caratterizzata da una forte tolleranza religiosa e da una mentalità aperta, espressione della borghesia marinara.
Secondo Spinoza l’uomo, essendo una manifestazione naturale come tutte le altre, è sottoposto alle leggi universali che regolano l’universo. Le stesse azioni sono il risultato di regole fisse che possono essere studiate con obiettivitàCompito del filosofo è dunque individuare le leggi che regolano la condotta umana. Secondo Spinoza il primo affetto (termine con cui definisce la passione) umano è lo sforzo di autoconservazione o ricerca dell’utile. Da questo derivano gli altri due affetti “primari” di Letizia e Tristezza e a seguire tutti gli altri affetti “secondari”.
In quanto sottoposto alle leggi che reggono l’intero mondo, l’uomo non può dunque sottrarsi alla forza delle passioni. Risulta quindi esserne schiavo in quanto è impotente nel moderarle, si comporta in modo unicamente passionale perennemente in balia di forze esterne che lo rendono simile ad un burattino. Ma, secondo Spinoza, l’uomo è anche ragione, che è l’unica chiave per la sua libertà. Quest’ultima non consiste, però, in una fuga dalle leggi universali, bensì nella possibilità per l’uomo di porsi come soggetto attivo e non passivo dinanzi alle passioni. In una frase: significa avere una conoscenza adeguata di un affetto, in quanto tanto più lo comprendiamo tanto meno ne risultiamo travolti (se ad esempio siamo tristi o arrabbiati per la perdita di un oggetto, le nostre passioni risulteranno essere meno pervasive nel momento in cui realizziamo che non avremmo mai potuto tenere con noi quell’oggetto). 
Essere uomini virtuosi equivale per Spinoza all’agire, tendendo al proprio utile, sotto la guida della ragione, in modo consapevole. Avere una conoscenza adeguata è comprendere razionalmente che tutto è necessario, riconoscere se stessi e le cose come parti di un tutto, cioè di Dio. Tale conoscenza è accompagnata da un sentimento di gioia, beatitudine (amore intellettuale di Dio), in grado di ostacolare e superare tutte le altre passioni negative. La felicità dell’uomo non consiste dunque nella repressione delle passioni, quanto piuttosto nel primeggiare dell’emozione positiva scaturita dall’agire consapevolmente. 
La ragione, senza essere accompagnata da emozioni, non riuscirebbe da sola a renderci felici: in questo sta l’originalità dell’etica spinoziana.

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