HOBBES

Hobbes

Thomas Hobbes nasce a Westport in inghilterra il 5 aprile 1588. Frequenta la scuola della chiesa del suo paese, poi una scuola a Malmesbury e ancora un istituto privato a Westport, dove viene avviato allo studio del latino e del greco.

Iscrittosi alla scuola universitaria di Magdalen Hall di Oxford, il giovane apprende la logistica sillogistica e approfondisce il latino e il greco, ma preferisce lo studio della geografia e la lettura dei libri di viaggio. Conseguito il “becellierato delle arti” a Oxford, Hobbes diventa precettore nella potente famiglia dei Cavendish. Negli anni seguenti compie altri viaggi in Francia e in Italia. L’ambiente che esercita la più vasta influenza sul suo percorso filosofico è senz’altro Parigi, dove l’autore si trasferisce nel 1640 per timore delle relazioni dei parlamentari inglesi, contro cui aveva preso posizione. Qui gravita nell’orbita del circolo di Marin Mersenne, un movimento libertino - corrente filosofica estremamente critica nei confronti di ogni forma di dogmatismo e di supertizione e caratterizzata dalla fiducia nella ragione.


LA PROSPETTIVA MATERIALISTICA

Hobbes elabora una visione materialistica dell’universo e dell’uomo, in base al quale i corpi sono l’unica realtà e il movimento l’unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali. In questa prospettiva anche l’attività mentale è ricondotta, in ultima istanza, alla sensazione e al movimento: da questi due fattori derivano le immagini delle cose a cui sono attribuiti i nomi che vengono connessi nei ragionamenti. L’intelletto, per Hobbes, ha funzione computazionale, in quanto appunto collega i nomi attribuiti convenzionalmente alle immagini delle cose grazie al linguaggio, il quale, a sua volta, svolge il duplice compito di memorizzazione e di comunicazione. Il linguaggio, inoltre, consente alla ragione di operare la generalizzazione necessaria alla costruzione dell’edificio della scienza. 
nella prospettiva materialistica hobbesiana anche i concetti di bene e di male sono riconducibili alla corporeità, identificandosi rispettivamente con ciò che favorisce o danneggia la conservazione fisica dell'uomo. La libertà, poi, si riduce alla "libertà di fare ciò che la volontà ha deciso", e non è mai "libertà di volere", essendo la libertà intrinsecamente necessitata.


LA TEORIA DELL'ASSOLUTISMO POLITICO

In Thomas Hobbes il meccanicismo fisico sta alla base della teoria politica dello Stato assoluto. Per Th. Hobbes lo stato di natura è per gli uomini condizione di bellum omnium contra omnes, di guerra di tutti contro tutti e condizione del diritto naturale su tutte le cose che legittimerebbe le aspirazioni di ogni uomo e le sue inclinazioni naturali. 
Hobbes afferma che nello stato di natura gli uomini sono tutti uguali tanto nelle facoltà del corpo quanto in quelle della mente – una tesi nuova e rivoluzionaria nell’ambito politico. L’uomo dello stato di natura è guidato, dice Hobbes, dalla cupiditas naturalis. Ne consegue che due uomini possono desiderare la stessa cosa e diventare, perciò, nemici. Motivo per cui Hobbes, riprendendo l’espressione di Plauto, definisce lo stato di natura una condizione di homo homini lupus.
 Allo stato di natura rimandano le leggi di natura: il passaggio dalla naturalità insocievole dell’uomo alla società politica umana è da Hobbes risolto nell’dentificazione del pactum unionis col pactum subjectionis: il patto di unione dal quale origina la società è patto di soggezione individuale allo Stato; la soggezione di ogni uomo allo stato configura l’assolutismo politico totale di Hobbes e lo Stato hobbesiano come moderno Leviatano biblico.

Nello stato di natura il diritto si riduce alla forza: i veri diritti sono per Hobbes conseguenza del patto socio-politico umano; sussistono differenze tra l’idea hobbesiana di diritto, giustizia, bene, valori e il giusnaturalismo, che riporta ogni diritto alla natura razionale umana considerandolo precedente ogni associazione politica.

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